Ambito: industria
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato dalla società F. ... srl contro la sentenza dea Corte di Appello che dava ragione a un'impiegata ritenuta responsabie di cancellazione volontaria di dati aziendali, evento che aveva poi condotto la società al suo licenziamento.
La Corte d’Appello rigettò l’impugnazione proposta dalla parte datoriale, osservando che:
A questa sentenza, l'azienda F. ... srl aveva presentato ricorso per cassazione fondato su cinque motivi che è stato però rigettato.
- non erano emersi elementi concreti a dimostrare per quale ragione la lavoratrice, responsabile dell’Assicurazione Qualità, avrebbe dovuto conservare in via esclusiva nel suo computer files che riguardavano l’Ufficio Tecnico e che, comunque, erano contenuti, come qualunque “lavorazione o documento”, nel server centrale ed erano presenti, in forma cartacea, presso le committenti e nei cantieri;
- neppure era stato dimostrato che la lavoratrice avesse l’uso esclusivo del suo personal computer, essendo anzi emerso che chiunque avrebbe potuto usarlo;
- sulla base delle risultanze probatorie acquisite era risultato che: qualunque dipendente avrebbe potuto accedere al computer della A. ; non c’era alcun obbligo di salvare dati sul personal computer in dotazione; non era dato sapere se vi fossero stati conservati dei files prima dell’episodio di cui alla contestazione né, eventualmente, quali;
- per conseguenza la lavoratrice, non avendo l’obbligo di salvare i dati, non era tenuta al salvataggio nemmeno dei piani di sicurezza relativi ai cantieri di Bisceglie e di Caserta, conservati sicuramente nel server centrale (ma non rinvenuti) e su cartaceo;
- non c’era nessuna prova, “ma nemmeno alcun indizio”, che potesse indurre a ritenere che la A. avesse eliminato volontariamente i files de quibus;
- per ulteriore conseguenza doveva ritenersi l’irrilevanza della (non provata) formattazione del personal computer, poiché, per dire che l’ipotetica formattazione aveva cancellato i dati, sarebbe stato necessario avere prima la certezza che ci fossero stati dati da cancellare e, in particolare, che vi fossero stati i piani di sicurezza ivi inutilmente ricercati;
- l’eventuale estensione della contestazione relativa alla formattazione del computer anche alla cancellazione di altri files, nemmeno indicati, sarebbe stata di assoluta genericità, con conseguente lesione dei diritti di difesa della lavoratrice;
- poiché nessuno dei dipendenti, e nemmeno la A. , aveva l’obbligo di salvare dati sul proprio personal computer, bensì di salvarli nel server centrale, la loro eventuale (e non provata) cancellazione non avrebbe concretizzato alcun comportamento disciplinarmente rilevante, perché non sarebbe stato trasgredito nessun obbligo, risultando anzi che quello sarebbe stato il comportamento da tenere (ossia, una volta lavorati, salvare i dati sul server e cancellarli dal singolo computer);
- nessuno aveva comunque visto la A. formattare il suo personal computer l’11.9.2003, ultimo giorno di lavoro nel quale la società afferma sarebbe stata compiuta l’operazione, che peraltro avrebbe richiesto il possesso di un compact disk di installazione e l’interazione al computer per un congruo lasso di tempo (di forse anche due ore);
Fonte: Ricerca Giudirica
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